mercoledì 21 febbraio 2001

la diversità


Parlando di diversità mi viene in mente Freaks, il film di Tod Browning del 1932 che fece scandalo e censurato non passò mai il confine della sensibilità umana. Browning affronta il tema del contatto con la “mostruosità” dell’esistenza umana dal punto di vista del... mostro. Penso al povero Hans artista di un circo che ama una bellissima e perfida trapezista, il suo unico difetto è  però quello di essere un nano. Attraente agli occhi del pubblico, ma assolutamente disgustoso al pensiero di vivere una storia d’amore con una bella quanto velenosa donna piena di malìa e di disprezzo per la diversità, e altrettanto avida. Donna, vera donna che farà di tutto per annientare quel mostro, sposandolo prima, avvelenandolo poi per avere così la sua eredità. Dietro la complicità poco lucida, più muscolosa di un altro uomo, vero uomo, Hercules che convinto della sua superiore “normalità” tramerà insieme alla bella trapezista il piano di disfarsi del nano… del mostro. 

Toccante il momento del pranzo di nozze, quando la bella e il nano ormai sposi si trovano a condividere quel magico momento in una tavolata di mostri: l’uomo uccello, la donna barbuta, l’androgina, il tronco umano, le siamesi, e una dozzina di altre aberrazioni della natura, che tutte insieme partecipano felici al banchetto… fino al momento in cui l’alcol avrà consumato ogni languida parvenza di bellezza della trapezista. A quel punto, dopo aver baciato sguaiatamente il muscoloso Hercules si rivolge al nano Hans e dice:” mostriciattolo dagli occhi verdi, sei geloso!!? Guardate mio marito è geloso!!”. 

In questo film quello che colpisce non è tanto la presenza di reali personaggi nati deformi, ma l’agghiacciante contatto con il mondo del ab_normale. Dove però le emozioni: paura, sdegno, rabbia, sorpresa, gioia sono la normalità e l’amore e i buoni sentimenti passano attraverso lo sguardo (non del tutto) ingenuo dei cosiddetti mostri, diventando a noi altri condivisibili. 

C’è amore, c’è passione, c’è tristezza e speranza nello sguardo dei diversi… dei cosiddetti mostri.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

l'eguaglianza giudizio/etichetta è bella, i giudizi in logica servono a formare classi di concetti e a ricondurre tutto il reale a quelle classi, essi dunque sono etichettanti. Secondo me c'è una cura alla mutilazione che il giudizio mette in atto: è la poesia, lì anche il "giudizio universale" non etichetta, non condanna, ma racconta..., offre una strada espressiva.

Anonimo ha detto...

Ribaltare i giudizi
Vorrei raccontare il ritorno di mio padre dal campo di concentramento:
il "giudizio comune" lo voleva magro, smunto, irriconoscibile, segnato dalla fame e dalla sofferenza; angoscia, violenza, paura, morte hanno sicuramente accompagnato i suoi giorni.
Ma lui chino su se stesso accanto al muretto divisorio del suo giardino di aranci cercava di allacciarsi le scarpe senza riuscirci; robusto, anzi ingrassato, rubizzo e sorridente, gli occhi alteri ed acuti, non una traccia di tristezza, di sofferenza, anzi orgoglio, fierezza, felicità di stare di nuovo nel suo giardino, di poter guardare il giallo del grano stendersi tranquillo lungo le colline. La guerra lo aveva irrobustito, la prigionia rinvigorito;
era stato il pane, sfornato, lavorato da lui che, per salvare la pelle, aveva dichiarato alla Gestapo di essere un panettiere;
e poi una malia: la figlia del fornaio di Bremen si era innamorata: "Santo bringt diese Kette mit dir". "Porta questa collana con te".
Mio padre "ha ribaltato il giudizio": nella neve di Bremen perle di pane non morte e sangue!